Tra le cause del malessere che maggiormente si riscontra nelle donne del nostro secolo vi è di certo la violenza, fisica e psicologica che, troppo spesso, si consuma in ambito privato e domestico.
Donne spaventate, innamorate, incapaci di decidere del loro futuro…
Una sofferenza che non si limita a coinvolgere solo le protagoniste di queste vicende ma che compromette la serenità e l’armonia dell’intero nucleo familiare. Vediamo la coppia coniugale, i figli e le rispettive famiglie d’origine distrutte da questa problematica ma incapaci e impotenti.
Generalmente il focus è concentrato sulla donna vittima. Questo è estremamente corretto, soprattutto quando c’è pericolo concreto relativamente all’incolumità della donna (violenza fisica). Solo di rado si presta attenzione all’intero sistema che, anche a causa di una mancata ribellione della donna, subisce indirettamente la situazione.
In che modo gli altri componenti della famiglia sono influenzate dal clima di violenza fisica o psicologica che una donna vive in ambito domestico?
Andiamo per gradi.
Come già detto, la prima persona da tutelare è la donna che, a causa di caratteristiche della sua personalità e, probabilmente, per mancanza di una rete di sostegno, teme di opporsi al suo carnefice e consente il perpetuarsi del suo stato di sottomissione e di sofferenza. Non va, però, trascurata la coppia coniugale inserendo, chiaramente, anche il carnefice stesso. Con questa affermazione non si intende in alcun modo giustificare quest’ultimo ma va messo in evidenza che nessun uomo violento prova coscientemente piacere nell’infliggere sofferenza alla propria donna e la sua vita rischia di essere un inferno per sua stessa volontà; infatti anche qui vi è, spesso, un’incapacità di troncare il rapporto in modo sano, di controllare la propria rabbia e le proprie frustrazioni… allo stesso modo, dunque, la denuncia di una donna del proprio stato di sottomissione, paradossalmente, salvaguarderebbe il carnefice stesso.
Immediatamente dopo riscontriamo la paura, il dolore e l’ansia che vivono i figli, se presenti, a qualsiasi età, che, inevitabilmente saranno segnati da questo tipo di vissuto familiare e che, se non decideranno o non gli sarà data l’opportunità di spezzare la catena, a loro volta continueranno a subire o infliggere sofferenza. Le loro scelte, infatti, saranno sempre condizionate da questa esperienza.
Infine, ma non per ultima, c’è la famiglia allargata, spesso impotente e straziata da questo tipo di sofferenza; questa, il più delle volte, interviene poco e male, peggiorando talvolta lo stato delle cose.
Nell’epoca in cui alla donna è chiesto di essere lavoratrice produttiva, tenera moglie, amante passionale, madre presente, figlia integerrima, persona affascinante, bella, curata e sempre impeccabile, consentirle di dire basta alle richieste di tutti e alle prepotenze di qualcuno significa proteggere anche chi la circonda.
Aiutare una donna a prendere coscienza del suo stato, a scegliere chi vuole essere e perché, significa contribuire a migliorare, dunque, lo stato non solo della vittima ma di un’intera famiglia sofferente.
La psicoterapia in questo può essere di grande aiuto in quanto consente di approfondire i vissuti di tutte le persone coinvolte nel malessere, di individuarne l’origine e di trovare la forza per mettere fine a tutto ciò, spezzando di certo e finalmente una catena che, il più delle volte, ha degli anelli nel passato davvero molto saldi.
Dott.ssa Erica Carbone
Psicologa Psicoterapeuta - Salerno