Guardami, non potrei sembrare una sposa mai, o un buona figlia, ma lo so, questo ruolo non mi va. Sono qui, ma se io facessi ciò che vorrei i miei cari perderei. Dimmi, dimmi chi è l’ombra che riflette me, non è come la vorrei, perché non so. Chi sono e chi sarò? Lo so io e solo io e il riflesso che vedrò mi assomiglierà. Quando il mio riflesso avrò sarà uguale a me.
(Mulan, Walt Disney Feature Animation, 1998)
Può sembrare bizzarro iniziare un intervento sulle problematiche adolescenziali citando un cartone animato della Walt Disney, sta di fatto che il successo di alcune opere (teatrali, cinematografiche, letterarie) è relativo anche e soprattutto alla risonanza emotiva che esse producono nel nostro animo. Se leggiamo con attenzione la trama di questo cartone animato ci rendiamo conto che esso descrive l’evoluzione adolescenziale di una giovane ragazza come tante, l’evoluzione che un po’ ognuno di noi ha avuto ma che, con il tempo, tendiamo a dimenticare. In questa citazione la protagonista ci dice di essere cosciente di non poter rispettare le aspettative di cui è stata caricata ma che è lei stessa a non sapere chi è e chi diventerà. Il tutto espresso con un misto di emozioni: si legge il rammarico nelle sue parole che si trasforma, pian piano, in rabbia e determinazione.
Ora non ci interessano le gesta eroiche che ella compierà e come conquisterà la gloria agli occhi dell’impero (questo è fiaba e, se vi interessa, potrete scoprirlo regalandovi un’oretta davanti alla vostra tv); ciò che realmente ci spinge a riflettere è l’iniziale distanza emotiva e di obiettivi che caratterizza il rapporto tra la protagonista e la sua famiglia e che contraddistingue un po’ tutti i rapporti adolescenti-genitori.
Le aspettative che chi circonda l’adolescente ha verso l’adolescente stesso sono, il più delle volte, davvero molto varie. Se facciamo riferimento già al solo nucleo familiare stretto è abbastanza prevedibile assistere alla creazione di fantasie che i genitori di un ragazzo che si sta affacciando alla vita crea dentro di sé, la creazione di uno spazio dentro cui posizionare il proprio figlio. Ciò riduce l’angoscia e l’ansia del genitore che, incerto, teme tristi risvolti nella vita dell’uomo che ha messo al mondo e che sta crescendo. Ciò, però, non si crea unicamente nell’interesse del figlio, motore portante sicuramente di ogni madre e padre, ma mette spesso a tacere i rimpianti, i dispiaceri e gli obiettivi mancati personali che ogni genitore conserva nel proprio vissuto profondo. A seconda di quanto tormentati siano questi vissuti tanto più schiaccianti rischiano di essere le aspettative per il ragazzo che sta formando la propria identità e, di concreto, poco riesce a realizzare in questa fase della sua vita. Quando i ragazzi non rispettano appieno e velocemente le aspettative riposte in loro è facile che si creino, da parte dei familiari, ma anche degli insegnanti e dei vari educatori, pensieri di fallimento e di impossibilità di realizzazione del ragazzo che sta davvero prendendo una brutta piega.
Tutto questo teatro di emozioni non può che investire in pieno l’adolescente il quale, più o meno deciso a opporsi, anche se solo per spirito di contraddizione, già incerto sulla strada da prendere, avverte comunque il peso della delusione che rischia di infliggere alla propria famiglia. I contrasti emotivi interiori hanno la grande particolarità di produrre in ognuno di noi reazioni completamente diverse. Questo motiva la variabilità di comportamenti che l’adolescente assume nel corso della sua evoluzione; troveremo chiusura che si oppone ad estroversione estrema, rigidità immotivata che si affianca a completo disorientamento… atteggiamenti diversi e interscambiabili che compromettono le relazioni, anche quelle che prima sembravano così stabili e indistruttibili.
Questo momento storico per il ragazzo è davvero molto delicato. La maggior parte dei disagi e dei disturbi a livello psichico si manifestano proprio tra la fine dell’adolescenza e l’inizio dell’età adulta. È importante, dunque, che un educatore riesca a mettere da parte, anche solo per un istante, le sue aspettative e le sue convinzioni e ascolti le proprie frustrazioni e quelle del ragazzo, il quale ha la possibilità di affacciarsi alla vita con la mente più libera e aperta grazie alla mancanza di sovrastrutture di personalità consolidate. Lo psicologo, in questa fase, può essere vissuto dall’adolescente come uno strizza cervelli oppure come una persona affascinate, in grado di aiutarlo ad esplorarsi da un diverso punto di vista; lo psicologo, dunque, può diventare colui che, in maniera disinteressata, aiuta a comprendere cos’è che fa stare male, come si chiama quell’emozione che proprio non si riesce a comprendere ma che crea dentro quell’ansia o quel pensiero fisso difficili da gestire. Intraprendere in questo momento un percorso psicologico, anche breve e mirato, è un vero e proprio investimento sul futuro, una polizza sulla vita, se così possiamo definirlo, che consentirà all’adolescente di confrontarsi con sé stesso, senza il timore che qualcuno voglia sopraffarlo o imporgli la propria idea e al genitore di imparare a controllare le proprie paure, affidandosi a chi, sicuramente meno coinvolto emotivamente, può ascoltare in maniera cosciente i vissuti e i dubbi del proprio figlio, aiutandolo a raggiungere la giusta serenità per compiere le scelte migliori per sé.
Dott.ssa Erica Carbone
Psicologa Psicoterapeuta - Salerno